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Home » Professione apicoltore: il mondo delle api spiegato in maniera semplice

Professione apicoltore: il mondo delle api spiegato in maniera semplice

30 Settembre 2025 di Alessandro Allori

Intervista a Arianna Barcaroli, consulente e insegnante di apicoltura a Pistoia.

Trattiamo per la prima volta su Natural Mania l’affascinante mondo delle api e dei prodotti che questo piccolo ma importantissimo insetto ci dona, apprezzati dall’uomo sin dall’antichità per le loro proprietà benefiche, nutritive e curative. Le api sono animali straordinariamente organizzati, con ruoli ben definiti all’interno e all’esterno dell’alveare. L’apicoltura rappresenta il punto di incontro tra uomo e ape: un rapporto simbiotico in cui l’apicoltore, per entrare in possesso dei loro prodotti, deve garantire prima di tutto il benessere delle api, costruendo arnie e creando un habitat ideale ricco di piante aromatiche per l’impollinazione.

Sempre più spesso si parla dei pericoli che minacciano la sopravvivenza delle api: l’uso di pesticidi, le attività antropiche e i cambiamenti climatici stanno riducendo drasticamente le popolazioni di insetti impollinatori, con conseguenze che rischiano di compromettere l’intero ecosistema — e quindi anche la vita dell’uomo. Ma in che modo un essere così piccolo può condizionare la vita di un intero pianeta?

A queste e a molte altre domande abbiamo chiesto di rispondere ad Arianna Barcaroli, che sin da bambina, grazie al padre Roberto, è stata introdotta al mondo delle api. La sua famiglia è attiva da decenni nella produzione di materiale per l’apicoltura. Dal 2007 Arianna è entrata in società con la sorella Serena e Caterina Biagini, occupandosi di marketing, gestione della produzione e degli “alveari aziendali”, affiancando l’attività manageriale con la produzione di miele e l’allevamento delle api. Nel 2009 ha deciso di mettere a frutto e condividere la sua esperienza, organizzando il primo corso di apicoltura.

Tutto il resto ce lo racconterà in questa intervista che potete ascoltare sul nostro canale YouTube: vi invitiamo a seguirci e a iscrivervi!

Le chiediamo innanzitutto di presentare il suo lavoro…

Sono titolare di Apicoltura Compa, azienda impegnata in questo settore da ormai cinquant’anni e che si occupa di tutto ciò che riguarda il mondo dell’apicoltura. La nostra storia nasce come famiglia di apicoltori: mio nonno lo era, poi mio padre e infine noi figli. Io sono attiva dal 2007 e porto avanti questa attività legata al mondo delle api.

Oltre a fare l’apicoltrice, sono anche esperto apistico certificato: ho seguito numerosi corsi di formazione e ho maturato una lunga esperienza sul campo. La nostra azienda si occupa inoltre della produzione di materiale apistico. Abbiamo una falegnameria interna che realizza le arnie, le “case” delle api: tutta la parte in legno viene prodotta direttamente nella nostra sede di Montagnana, in provincia di Pistoia.

Negli ultimi anni ci stiamo dedicando molto anche alla divulgazione. Organizzaiamo corsi sia per chi desidera iniziare ad allevare api, sia per chi vuole semplicemente avvicinarsi a questo mondo estremamente affascinante.

Diamo degli spunti alle persone che si vogliono avvicinare al mondo delle api…

Innanzitutto, le api sono insetti molto particolari. Tutti sanno che producono il miele, questo è risaputo.

Il mondo delle api è affascinante perché l’alveare rappresenta un vero e proprio universo. Avere le api e prendersene cura significa entrare nel loro mondo, e la particolarità è che, pur essendo animali allevati, mantengono una loro autonomia.

Definiamo “domestiche” le api che alleviamo, ma in realtà non lo sono come un cane o un gatto: esiste piuttosto un compromesso tra noi e loro. Noi uomini abbiamo proposto loro le arnie, costruite in legno, ed esse hanno accettato questo luogo; accettandolo, hanno accettato anche la nostra presenza. La relazione che si instaura è un vero e proprio “do ut des”: chi le alleva lo fa anche per produrre miele, ma spesso questo aspetto diventa marginale. Infatti, quando ci si avvicina alle api e al loro mondo, studiando la loro vita, i compiti e le attività nell’alveare, emergono dinamiche affascinanti.

Così l’apicoltore finisce per innamorarsi prima del loro modo di vivere e della loro organizzazione, più che della fase produttiva, che arriverà solo in stagione. Negli ultimi anni, molte persone si sono avvicinate all’apicoltura spinte proprio dall’interesse e dalla curiosità verso questi insetti. Nasce così una vera passione, che porta a studiarle, ad approfondirne i comportamenti e a stabilire con loro una relazione.

Oggi questo è ancora più importante, perché le api mellifere sono insetti protetti, in quanto svolgono una funzione fondamentale: l’impollinazione di moltissime piante e fiori che diventeranno frutti e, quindi, cibo per noi umani. Le api vivono in famiglie numerosissime, che possono arrivare fino a 80.000 individui. Nell’arco della loro vita, ciascuna contribuisce all’impollinazione trasportando il polline – la parte maschile del fiore – da una pianta all’altra, permettendo la fecondazione.

Senza le api, non avremmo sulle nostre tavole molti vegetali: frutti come ciliegie, arance, limoni e mandarini, che necessitano proprio delle api, e non di altri insetti, per essere impollinati. I fiori che le api visitano hanno infatti una conformazione specifica, compatibile con il loro apparato boccale: solo le api riescono a raggiungere la parte interna e a trasferire il polline nella parte femminile del fiore. Ma anche colture come cipolle, zucchine o zafferano dipendono in larga parte da loro. È vero che non esistono solo le api: anche coccinelle, farfalle e altri insetti contribuiscono all’impollinazione. Tuttavia, le api hanno una forza impollinatrice enorme grazie alla numerosità delle loro colonie.

In più, a differenza di farfalle o coccinelle, che non vengono allevate e quindi risentono di più dell’inquinamento e dei pesticidi, le api hanno la fortuna di essere seguite e protette dagli apicoltori. Molte sostanze utilizzate in agricoltura distruggono gli insetti benefici che svolgono il compito dell’impollinazione, mettendone a rischio la sopravvivenza. Le api, invece, proprio perché allevate, sono meno esposte a questo pericolo. In definitiva, l’allevamento delle api non consente solo di usufruire dei loro prodotti, ma svolge anche un ruolo essenziale nella tutela della biodiversità.

Qual è quindi il compito ‘etico’ dell’apicoltore?

L’apicoltore è stato definito, anche in molti convegni, il custode della biodiversità. Infatti, un apicoltore assennato, se vuole ottenere risultati positivi dalle sue api, è costretto a trattarle benissimo: prima deve pensare al benessere dell’ape e poi alla produzione. Se un apicoltore pensa solo a produrre, convinto che il miele abbia valore ma senza curarsi di come tratta le api, queste non produrranno nulla e in gran parte moriranno. Volente o nolente, dunque, l’apicoltore che lavora bene ha sia la volontà sia la necessità di salvaguardare le api.

Ci può elencare i prodotti derivati dall’apicoltura?

I prodotti delle api sono tantissimi. Prendiamo il miele: in Italia abbiamo una grande biodiversità. Per fare un confronto, in Francia si producono al massimo 15 mieli monoflorali, cioè derivati da un’unica fioritura, mentre in Italia ne abbiamo circa 40. Già solo con il miele, quindi, abbiamo la possibilità di raggiungere l’eccellenza. Poi c’è il polline, che è la parte maschile del fiore ma che possiede anche tantissime proprietà benefiche per l’uomo, essendo ricco di vitamine e aminoacidi. Per questo viene estratto dagli alveari.

Un altro prodotto è la propoli, molto usata nei casi di malanni stagionali come il raffreddore. La propoli non è altro che un insieme di sostanze resinose raccolte dalle api da alcune piante e utilizzate per disinfettare l’alveare, poiché è un antibiotico naturale. Noi possiamo prelevarne una parte, quella che non serve alle api, e ricavarne estratti, tinture alcoliche e non alcoliche: anche questo è quindi un grande prodotto.

Altro celebre prodotto è la pappa reale, l’alimento con cui viene nutrita l’ape regina: un complesso vitaminico eccezionale.

Abbiamo poi la cera d’api. Quando leggiamo in un’etichetta che una candela è “prodotta con cera d’api”, bisogna sapere che quella sostanza è stata prodotta direttamente dalle api. Un’ape, infatti, dal 10° al 18° giorno di vita inizia a secernere, tramite alcune ghiandole dell’addome, una sostanza con cui costruisce la sua abitazione interna: il favo di cera, dove verranno depositati miele, polline e uova da cui nasceranno le nuove api. Questo secreto è appunto la cera.

Quindi abbiamo: miele in tante varietà, polline, propoli, pappa reale e cera. Da questi prodotti si possono poi ricavare tantissimi derivati, anche in cosmetica, fino ad arrivare al veleno d’ape. Tutti sanno che le api pungono – la parte meno simpatica – ma anche il veleno, se raccolto, viene utilizzato perché ricco di acido ialuronico e impiegato in numerose creme di bellezza ad effetto lifting.

Ma non solo: lo stesso miele è da sempre usato anche in cosmetica. Fin dall’antichità veniva applicato su ferite o piaghe da decubito come cicatrizzante naturale, grazie alle sue proprietà antibiotiche. Insomma, dai prodotti delle api si possono ricavare tantissime cose, molte di più di quanto comunemente si pensi.

La vostra produzione è biologica?

Noi siamo biologici certificati per diverse attività: per esempio, vendiamo famiglie di api e lì abbiamo la certificazione bio. Anche nella produzione di fogli cerei, che sono una parte importante dell’alveare, tutta la lavorazione è certificata biologica.

Per quanto riguarda l’apicoltura, la nostra è una conduzione “convenzionale”, ma di fatto orientata al biologico, perché sono molto vicina a questa tipologia. Parlare di biologico in apicoltura è legato più a una parte burocratica che a una condizione reale. Condurre delle api con metodo biologico diventa complesso soprattutto quando si deve affrontare la lotta alla varroa, un parassita simile a un pidocchio presente dagli anni ’80. Per contrastarlo dobbiamo utilizzare delle sostanze che sono farmaci: alcuni di natura biologica e organica, altri invece di origine chimica, che sinceramente non consiglio nemmeno ai miei neofiti apicoltori di usare, perché, pur essendo prodotti consentiti, lasciano comunque una residualità.

Il discorso del biologico nelle api è in gran parte “naturale”, perché il miele, a qualunque analisi venga sottoposto, risulta sempre senza residui. Se residui ci sono, provengono da un’agricoltura condotta male, e si trovano nella cera, mai nel miele. Si può quindi dire che il miele, anche quello convenzionale, se prodotto correttamente, è tra i prodotti più puri che possiamo avere. Questo perché, a differenza di altre coltivazioni, in apicoltura la qualità dipende dalla salubrità dei terreni, dell’aria e dall’ambiente complessivo. Il “biologico” in apicoltura riguarda quindi soprattutto il metodo di conduzione degli alveari. Naturalmente, come in tutti i settori, ci sono apicoltori con grandi numeri e pochi addetti che, per necessità, ricorrono a trattamenti chimici: in questi casi, una minima residualità può effettivamente rimanere.

Come riconoscere il ‘buon miele’?

In generale, se si ha un vicino di casa apicoltore, penso che ci si possa fidare. Non sempre si può dire la stessa cosa della grande distribuzione, dove ci sono molti problemi. Abbiamo però la fortuna che, nell’etichetta del miele, è indicata chiaramente la provenienza: per questo motivo conviene fidarsi del prodotto italiano, che è considerato uno dei migliori.

Sconsiglio di comprare miscele di miele provenienti da paesi extra UE:

sul nostro mercato circola molta frode: prodotti che non sono nemmeno miele, ma miscele di sciroppi di glucosio e fruttosio, prodotti soprattutto in Cina, da cui arrivano tonnellate di miele che spesso non sappiamo se sia davvero tale.

In Cina, ad esempio, in alcune zone i contadini impollinano a mano i mandorli perché le api sono scomparse; eppure nessuno si chiede come, in queste condizioni, si possa ancora ottenere una grande produzione di miele. È evidente che spesso si tratta di prodotti ottenuti in laboratorio, e ciò che arriva nella nostra grande distribuzione potrebbe non essere “vero miele”.

La lavorazione che fa l’ape all’interno dell’alveare rende il miele un alimento ricco di enzimi e di proprietà uniche, che derivano direttamente dall’attività delle api: non è affatto la stessa cosa rispetto a uno sciroppo di glucosio. Il consiglio che mi sento di dare è quello di leggere sempre l’etichetta e di comprare miele italiano. Se è biologico, tanto meglio, ma si può andare sul sicuro anche con quello convenzionale. E, se si ha un amico apicoltore, fidatevi: sicuramente il suo prodotto sarà ottimo.

Se si decide di acquistare miele, scegliamolo buono: non è un alimento indispensabile come il pane, ma un regalo che facciamo al nostro palato.

Lei lo descrive come un prodotto ‘speciale’. Che lavoro c’è dietro la produzione di miele?

Spesso non ci rendiamo conto del valore che merita: per produrre un barattolo da mezzo chilo di miele possono essere necessari fino a 25 milioni di voli di api. Per ottenere quel mezzo chilo, le api avranno visitato un numero incalcolabile di fiori: nella loro sacca melaria possono contenere al massimo 40 milligrammi di nettare e, per raccoglierli, un’ape può aver visitato fino a 3000 fiori. Se pensiamo che si debba arrivare a mezzo chilo di miele, possiamo tranquillamente affermare che l’ape è l’animale più produttivo presente sulla faccia della Terra. Le persone, in genere, non danno valore a questo aspetto, ma conoscere il lavoro che c’è dietro dà più valore al prodotto. Il miele, in un periodo in cui si tende a consumare cibi processati, se prodotto nella maniera giusta, rimane un alimento completamente naturale.

Per concludere, parliamo delle api di quanto vivono e dei ruoli che hanno all’interno dell’alveare…

Il mondo delle api è organizzatissimo, non ammette errori e mancanze. Le api hanno una vita relativamente breve, in media una quarantina di giorni: questo riguarda le api femmine operaie, che sono la maggioranza dentro l’alveare, precisamente il 95%.

Questo è vero per le api che nascono in primavera e in estate, che sono quelle che si daranno più da fare nell’alveare, mentre le api che nascono a settembre/ottobre avranno una vita più lunga e moriranno verso febbraio, perché il loro compito è differente rispetto a quelle che nascono in primavera. Le api autunnali nascono con lo scopo di preservare la vita della famiglia. In inverno le api non vanno in letargo, però riducono al minimo le loro funzioni, consumano poco e hanno come obiettivo quello di preservare la vita dell’ape regina. Creano, al centro della famiglia, una palla molto stretta in cui al centro si trova l’ape regina, che è l’unica ape feconda di tutto l’alveare, quindi fondamentale. Se l’ape regina muore, la famiglia innesca dei meccanismi per riprodurla, ma è vero che cerca di preservarla il più possibile.

Le più interessanti, per quello che fanno, sono le nutrici. Loro nascono e, durante la loro vita, assolvono diversi compiti: ripuliscono la celletta da cui sono uscite e poi cominciano ad alimentare le piccole larve. Dal 5° al 15° giorno di vita le api sviluppano particolari ghiandole che secernono un secreto, la “pappa reale”, con cui alimentano le larve. Le api operaie nutrono esclusivamente con pappa reale le larve destinate a diventare regine. Mentre offrono questa sostanza alle altre soltanto per i primi tre giorni. Questo è uno dei pochi casi in cui una diversa dieta determina la nascita di individui differenti.

L’ape regina, come detto, viene nutrita sempre con pappa reale, mentre le altre larve, dopo i primi tre giorni, hanno una dieta costituita da miele e polline. Questo fa sì che nascano individui totalmente diversi: un’ape operaia è lunga circa due centimetri e mezzo, mentre l’ape regina può arrivare a quattro centimetri. Dal 5° al 10° giorno, nelle api operaie si sviluppano queste ghiandole che secernono la pappa reale, ed è per questo che vengono dette nutrici. Il 10° al 18° giorno diventano ceraiole: producono cera attraverso le ghiandole che hanno sull’addome e iniziano la costruzione del favo.  Il 18° al 20° giorno diventano guardiane, difendono l’alveare e impediscono l’ingresso agli intrusi. Infine, dopo il 20° giorno, diventano bottinatrici: escono e raccolgono nettare e polline dai fiori.

Nei primi giorni fuori dall’alveare sono incerte, non hanno ancora i punti di riferimento per tornare a casa, anche se le api comunicano attraverso gli odori: ogni famiglia ha un odore diverso che consente loro di riconoscere la propria comunità e di ritornare. Sono capaci di compiere voli anche lunghi, fino a tre o quattro chilometri dall’alveare, e si orientano anche in assenza del sole. I loro occhi permettono infatti di vedere la luce polarizzata oltre le nubi.

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