In Italia questa disciplina sta trovando sempre più approvazione anche da parte della medicina ufficiale.
Alleviare e curare le sofferenze di persone con problemi di varia natura con l’aiuto dei nostri amici a quattro zampe è possibile con questa terapia in cui vengono messi a stretto contatto pazienti e animali. Pur non rappresentando un rimedio vero e proprio per malattie e gli handicap fisici e psichici questa disciplina è un prezioso alleato sia per i medici che per i pazienti di tutte le età che possono trarre benefici dalla presenza e dal contatto con l’amore puro che solo un animale sa dare. L’inglesismo del termine pet therapy è in parte fuorviante perché unisce pet (animale da affezione) con therapy (che vuol dire appunto terapia) invece si tratta più di una sorta di intervento assistito che può dividersi in terapia, attività o educazione con animali, insomma pur volendo rappresentare un concetto il termine solitamente usato nasconde e devia il significato esatto di questa disciplina.
La pet therapy è rivolta in linea teorica un po a tutte le persone che in qualche maniera hanno qualche forma di sofferenza o problema di salute nelle varie sfaccettature che possiamo intendere, ma in particolare ai disabili, ai bambini, alle persone con problemi psichici o affette da autismo o anziani con parkinson e alzheimer. Il contatto con gli animali è provato fa bene all’umore e alla salute psichica in generale, anche se ovviamente non è risolutivo delle loro patologie, però appunto associato ad una terapia vera e propria darà il suo valido contributo infatti è la medicina ufficiale spesso ostica verso metodi alternativi spesso a spingere verso questo tipo di attività.
Quali sono gli animali coinvolti?
L’elenco degli animali che possono essere coinvolti è definito dal Dpcm del 28 febbraio 2003, in merito ad interventi assistiti con animali considerati da affezione che in base alla personalità dell’animale stesso possono trasmettere e far nascere al paziente determinati sentimenti e reazioni positive. Principalmente parliamo di cani, gatti, cavalli, asini o addirittura delfini e rapaci. Per fare qualche esempio: il gatto può trasmettere alla persone un modo particolare di dare affetto non rinunciando alla propria indipendenza ed autonomia, amare senza obbedire ciecamente al padrona ma stabilendo quindi un rapporto di fiducia quasi paritario. L’esatto contrario di quello che può dare un cane il cui amore per quello che identifica come padrone è assoluto, senza richiedere necessariamente niente se non delle carezze.
Gli approcci pratici
La Pet Therapy si divide in tre rami che possono assolutamente comunicare: la prima che punta ad educare attraverso il contatto e l’osservazione dell’animale (Eaa), la seconda tramite attività fatte con gli amici a quattro zampe (Aaa) mentre le terza è una vera e propria terapia assistita con l’ausilio animale (Taa). Questi approcci possono naturalmente comunicare e gli interventi di pet therapy si presentano come multidisciplinari e devono essere fatti per questa ragione da team composti da varie figure come lo psicologo, l’educatore e infine il pet therapist vero e proprio. I luoghi dove viene maggiormente utilizzata questa disciplina sono le scuole, gli ospizi, gli ospedali, case famiglie, centri diurni o centri specializzati come per esempio quelli dove si pratica la ippoterapia.
Il lungo cammino della Pet Therapy in Italia
Siamo negli Stati Uniti agli inizi degli anni 60 quando lo psichiatra Boris Levinson rilevò i benefici che il contatto del suo cane Jingles aveva su un bambino autistico, da quelle prime osservazioni nacquero delle teorie scritte nel ‘Il cane come coterapeuta’. I suoi studi, essendo uno psichiatra infantile, riguardavano patologie della psiche di bambini con disturbi da solitudine, ansia, depressione, ma fu solo l’inizio di un percorso che andò oltre i suoi studi facendo diventare con il tempo la Pet Teraphy una disciplina di aiuto alle terapie tradizionali che ha trovato sempre di più il parere positivo della medicina ufficiale. In Italia pur non essendoci tutt’ora una legge specifica si è parlato per la prima volta di Pet Therapy nel 1997 con una proposta di legge che ne prevede il riconoscimento promossa da Piero Ruzzante, si va quindi, sempre con una proposta di legge al 2003, da parte dell’allora deputato Carla Castellani, il primo riconoscimento vero e proprio avvenne nello stesso anno con il Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 28 febbraio del 2003 che recepisce un accordo tra il Ministero della Sanità e le Regioni sul benessere apportato dalla presenza degli animali, in particolare in alcune situazioni e patologie definendo le specie di animali da compagnia da utilizzare e sancendo che tale disciplina debba venir esercitata da personale con competenze specifiche, per finire all‘accordo del 25 marzo 2015 tra stato e regioni che definisce in maniera maggiormente dettagliata la Pet Teraphy made in Italy. Questo accordo è stato importantissimo perché non solo ha dato l’ufficialità alla materia ma ha anche dato il via a tutta una serie di sperimentazioni e dettato le linee guida che prevedono dei team multidisciplinari. Il termine ufficiale per definire questa disciplina è Interventi assistiti con animali Iriconoscibile con l’acronimo Iaa, in modo dare meno scanso di equivoci rispetto al termine inglese originale di Pet Therapy, che nella traduzione italiana può apparire fuorviante.
Come si diventa Pet Therapist in Italia?
Per non finire in realtà ambigue che promettono cure miracolose, previo un ovvio esborso di denaro, ma prive di qualsiasi forma di ufficialità è non solo utile ma basilare affidarsi a realtà riconosciute come le organizzazioni sia pubbliche o private accreditate dalla regioni o il Centro di referenza nazionale per gli interventi assistiti con animali (Crn – Iaa). Oltre l’ufficialità è utile accertarsi che seguono le linee guida stabilite nell’accordo Stato Regioni del 25 marzo 2015. Sono corsi che si caratterizzano per la multidisciplinarietà e per l’alternarsi di teoria e pratica sul campo. L’aspirante coadiutore di interventi assistiti con animali deve scegliersi l’animale o gli animali con cui operare in base alla sua personalità, attitudine e capacità fisiche. Insomma, per aiutare gli altri bisogna essere in perfetta sintonia con la specie animale con cui si sceglie di operare perché proprio con il nostro amico a quattro zampe andremo ad intervenire su una persona per aiutarla a vivere meglio, dandogli amore e nuovi stimoli, sicurezza e positività. Il pet therapist è senz’altro una nuova professione per il futuro ma bisogna esserne portati, quindi prima di intraprendere questa carriera è bene guardarsi allo specchio e cercare di capire se fa per noi.