La curcuma è una pianta erbacea perenne, la cui radice viene da millenni utilizzata come spezia in India e nel sud est asiatico e, in virtù delle sue conclamate proprietà terapeutiche, anche nella medicina ayurvedica.
Nel corso degli anni, sono apparsi numerosi articoli i quali sostenevano che questa comune pianta fosse in grado di trattare una moltitudine di disturbi: i bruciori di stomaco, le intossicazioni alimentari, ma anche gravi malattie quali il diabete, la depressione, il morbo di Alzheimer, e persino il cancro.
A meno che non siano supportati da studi per progettati che ne confermino i benefici, ritengo che sia consigliabile essere scettici riguardo alle numerose affermazioni che si sentono fare circa le proprietà terapeutiche di alcune piante perché, spesso, non si tratta d’altro che di operazioni di marketing.
Ho, però, trovato interessante un esperimento recentemente condotto dalla BCC in collaborazione con l’University College London. L’esperimento, che aveva coinvolto 100 persone nell’arco di 6 settimane, ha voluto verificare sull’uomo l’ipotesi che la curcumina aiuti a sconfiggere una malattia, che ogni anno affligge milioni di esseri umani in tutto il mondo, il cancro.
Certo, statisticamente parlando 100 volontari non fanno un grande campione; ma i «grossi» studi sul collegamento curcumina-cancro erano stati fatti fino ad ora solo su ratti di laboratorio e con dosaggi massicci di curcuma. Per questa ragione, un test eseguito «solo» su un centinaio di esseri umani, i quali avevano assunto delle “normali” quantità di curcuma, mi è subito sembrato più interessante degli esperimenti sui roditori.
L’esperimento
I ricercatori inglesi, dopo aver prelevato un campione di sangue da tutti i volontari, li avevano suddivisi in tre gruppi di persone:
- 1° gruppo: a queste era stato somministrato un cucchiaino di curcuma in polvere al giorno;
- 2° gruppo: a loro era stato somministrato l’equivalente di un cucchiaio di curcuma al giorno, ma sotto forma di integratore alimentare,
- 3° gruppo: a questo gruppo era stato somministrato un placebo sotto forma di integratore alimentare.
Dopo sei settimane, durante le quali queste (varie) dosi erano state somministrate quotidianamente a tutti i volontari, i ricercatori hanno ripetuto il prelievo del sangue.
Il successivo test di metilazione del DNA eseguito sui campioni di sangue raccolto, ha mostrato risultati molto interessanti: nei volontari che avevano preso le pillole placebo, ed in coloro che avevano preso la curcuma sotto forma di integratore, non è stata rilevata alcuna differenza nella metilazione del DNA. Invece, nei campioni prelevati nel gruppo che aveva assunto col cibo della polvere di curcuma cotta, vi era stato un cambiamento molto significativo.
E’ troppo presto per dire se, la metilazione del DNA osservata, sia qualcosa di benefico per la salute delle persone – ma, dato che la curcuma tradizionalmente è associata con il miglioramento queste condizioni, è probabile che questi cambiamenti siano effettivamente benefici. Il dubbio principale che hanno i ricercatori (dubbi che, peraltro, restano ancora da chiarire) è che i volontari che dovevano introdurre la curcuma nella propria alimentazione, possano anche averla anche cambiata, e che quindi, i risultati ottenuti possano dipendere da un modificato regime dietetico, piuttosto che dalla semplice assunzione della curcuma stessa.
Ma, per quale ragione la cottura della curcuma potrebbe avere più benefici della (stessa) curcuma non cotta? La risposta potrebbe essere molto semplice, ed in qualche modo anche intuitiva. Si pensa che, col fatto di essere stata cotta, la curcuma possa influire sulla capacità di assorbimento della curcumina da parte del nostro organismo. Infatti, la curcumina è lipofila, il che significa che si lega bene ai grassi e, di conseguenza, viene più facilmente assorbita dalle nostre viscere. Un analogo effetto potrebbe essere ottenuto col pepe nero, che contiene piperina (un alcaloide presente in questa pianta) la quale potrebbe favorire l’assimilazione di curcumina nei nostri corpi. Se questo fosse vero, la cottura di curcuma e pepe in olio nero, potrebbe essere un’ottima combinazione ai fini della nostra salute.
Quelli appena segnalati sono dei risultati che, anche se ancora da approfondire meglio, sembrano particolarmente interessanti. La ricerca in tal senso è ancora ai primi passi, ma è sicuramente degna di essere portata avanti.
A rendere ancora più ottimisti i ricercatori c’è la constatazione che nei paesi, come l’India, dove si consumano grosse quantità di curcuma, si riscontrano bassi tassi di tumore all’intestino.